La parete
più “himalayana” delle Alpi
Le colate glaciali che
fasciano la vertiginosa parete orientale del Monte Rosa, la più
“Himalayana” delle Alpi, confluiscono più a valle nella possente
lingua del ghiacciaio del Belvedere, che con una superficie di poco
superiore ai 5 km2 rappresenta il più esteso ghiacciaio
delle Alpi piemontesi. La sua fronte dalla caratteristica forma
bilobata si spinge ancora fino a circa 1800 metri, poco a monte di
Macugnaga, laddove i larici dell’alta Valle Anzasca hanno
colonizzato le morene via via che i ghiacci si ritiravano al termine
della Piccola Età Glaciale (PEG, 1450-1850).
La fronte del ghiacciaio del Belvedere nel
1921 (foto archivio Mònterin).
Ecco come si presentava l'imponente parete orientale del Monte Rosa
intorno agli anni 1920; ora l'aumento della temperatura e la
conseguente deglaciazione ne stanno radicalmente alterando l'aspetto e
i delicati equilibri ambientali (foto archivio Mònterin).
Un ghiacciaio in controtendenza?
Mentre la quasi
totalità dei ghiacciai alpini è in evidente fase di regresso, il
Belvedere torna a crescere in maniera vistosa. A partire dalla
primavera 2001 la lingua del ghiacciaio ha subìto un notevole
incremento di volume, che si è particolarmente accentuato negli
ultimi mesi. La superficie, in origine abbondantemente coperta di
detriti rocciosi, è ora sconvolta da un labirinto di crepacci e
seracchi instabili in continua evoluzione, e il ghiaccio ha sormontato
di alcune decine di metri il ciglio delle morene laterali storiche
relative alla fase di avanzata della prima metà dell’Ottocento. Già
durante l’estate e l’autunno 2001 il crollo di alcuni blocchi di
roccia e ghiaccio sul sentiero per il Rifugio Zamboni–Zappa aveva
destato preoccupazione facendo immediatamente includere il caso del
Belvedere nel progetto europeo “Glaciorisk”. Gianni Mortara del
CNR-IRPI di Torino segue fin dall’inizio il fenomeno, che già viene
presentato, insieme alla SMI - secondo partner italiano di Glaciorisk
- a Fjaerland (Norvegia), in occasione del primo meeting europeo sul
rischio glaciale del 17-20 ottobre 2001.
La lingua del ghiacciaio del Belvedere nel 1921
durante l'ultima grande fase di espansione (foto archivio Mònterin).
La situazione è confrontabile con quella attuale, visibile
nell'immagine sottostante.
La biforcazione della lingua
frontale del ghiacciaio del Belvedere:
è ben visibile il possente rigonfiamento della massa glaciale
avvenuto negli ultimi mesi. (Foto G. Mortara, 21.06.2002)
Una possibile spiegazione: è un surge?
Si tratta molto
probabilmente di un fenomeno di surge,
una sorta di “piena glaciale”, una rapida e improvvisa avanzata di
un ghiacciaio non riconducibile a un aumento di alimentazione nevosa o
a una diminuzione della fusione. Gli unici casi di surge
documentati sulle Alpi sono quelli relativi al Vernagtferner (Ötztal,
Alpi austriache) e manifestatisi in quattro occasioni tra il 1599 e il
1848, e quello verificatosi tra il 1817 e il 1818 sul ghiacciaio di
Solda (Ortles -Cevedale) che portò la fronte ad avanzare di 1200 m .
Questo particolare
comportamento, decisamente raro sulle Alpi, non è riconducibile a un
ritorno di condizioni favorevoli allo sviluppo dei ghiacciai, bensì a
modificazioni delle caratteristiche fisiche del ghiaccio e del
substrato roccioso nel bacino di accumulo prevalentemente disposto
sulla parete. Probabilmente le recenti estati calde hanno modificato
la distribuzione della temperatura all’interno del ghiacciaio
elevando l’isoterma zero gradi e trasformando parti di ghiacciaio in
precedenza definite “fredde”, cioè con temperature di alcuni
gradi sotto lo zero, in “temperate”, cioè con temperatura
prossima a zero gradi. Il ghiaccio “freddo” è ben aderente al
substrato roccioso e si muove su di esso più lentamente rispetto al
ghiaccio “temperato”, che tende invece a scivolare più
rapidamente specie su forti pendenze, e qualora al contatto con la
roccia sia presente un velo d’acqua . Si tratta tuttavia di
una spiegazione ancora troppo semplicistica che necessita di ricerche
più approfondite e di misure sul terreno per essere confermata.
Alcuni
confronti fotografici della "piena glaciale"
Morena laterale destra, autunno 1996.(foto
G. Mortara)
Morena laterale destra, inizio ottobre
2001.
Si noti l'incremento di spessore e l'invasione da parte del ghiaccio
(in primo piano) della breccia sulla morena destra (effetto della
rotta del lago glaciale delle Locce, avvenuta il 19 luglio 1979).(foto
G. Mortara)
Morena laterale destra, autunno 1996.
(foto G. Mortara)
Morena laterale destra, inizio ottobre
2001. Il ghiaccio sormonta il ciglio della morena storica. (foto G.
Mortara)
C’è
anche un lago
Oltre all’accrescimento volumetrico del ghiacciaio, tra l’estate e
l’autunno 2001, viene identificato anche un lago che occupa la parte
superiore del ghiacciaio alla base della parete est, attorno circa a quota
2150 m. Quello dei laghi
epiglaciali è un fenomeno che sta sempre più evidenziandosi sui
ghiacciai alpini: casi analoghi sono quelli dei ghiacciai del
Rocciamelone e della Croce Rossa, entrambi sulle Alpi occidentali.
La zona di Macugnaga non è nuova a confrontarsi con i laghi glaciali:
prima del Belvedere era stato l’attiguo ghiacciaio delle Locce
a creare problemi con svuotamenti improvvisi avvenuti ben
tre volte negli anni 1970 con serie conseguenze per alcune
infrastrutture. Oggi tale
rischio è stato rimosso grazie a lavori di regimazione e controllo
artificiale del livello lacustre eseguiti durante la metà degli Anni
1980 dalla Regione Piemonte.
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