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BILANCIO DI MASSA 2002-03 SUL GHIACCIAIO CIARDONEY
(GRAN PARADISO, TO)
Daniele Cat
Berro,Luca Mercalli, SMI redazione Nimbus - 22 settembre 2003
Il giorno 17 settembre 2003 sono state
effettuate le misure autunnali per la valutazione del bilancio di
massa sul ghiacciaio Ciardoney (Gran Paradiso), a cura degli operatori
della Società Meteorologica Italiana. Le operazioni sono state
condotte con il consueto e indispensabile appoggio logistico dell’Azienda
Energetica Metropolitana S.p.A. di Torino e dell'ente
Parco Nazionale Gran Paradiso. Già lo
scorso 9 agosto era stato condotto un
primo sopralluogo per
verificare l’entità dell’ablazione nel corso della
caldissima stagione
estiva 2003 . Con l’inizio di settembre le correnti
fresche dal Nord-Atlantico hanno interrotto la fase calda eccezionale
che perdurava sulle Alpi dall’inizio di maggio, e il giorno 9
un’abbondante nevicata ha coperto interamente il ghiacciaio, ponendo
fine alla stagione di ablazione.
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Veduta del ghiacciaio Ciardoney dalla stazione fotografica S2.
Dopo l’estate eccezionalmente calda, tutto l’apparato è ormai coperto
dalla neve fresca caduta il 9 settembre, con 20 cm alla fronte
e 40 cm nel settore superiore. |
Il caldo straordinario e prolungato dell’estate 2003 ha
determinato la totale fusione della neve invernale e del nevato
accumulatosi nelle stagioni 2000-01 e 2001-02, moderatamente
favorevoli al glacialismo; già all’inizio di luglio il ghiacciaio si
trovava in gran parte privo di neve residua, annerito dai detriti ed
esposto a forte fusione. Le perdite di ghiaccio misurate alle paline
ablatometriche variano in spessore da 185 cm al Colle Ciardoney (il
sito di misura più elevato, a 3140 m) a 410 cm alla palina n. 7 (il
sito a quota inferiore, circa 2900 m). Considerando una durata del
periodo di ablazione su ghiaccio alle paline 1, 3 e 7 di circa 40, 70
e 85 giorni rispettivamente, si può stimare un tasso di ablazione
giornaliera compreso tra 4.6 e 4.8 cm ghiaccio/giorno; dunque è
verosimile ritenere che nelle giornate estive più calde, ad esempio
intorno al 10 agosto, la fusione asportasse circa 8-10 cm di ghiaccio
in spessore su tutta la superficie del ghiacciaio, un valore davvero
notevole.
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Alla palina n. 7 (2920 m) la perdita di spessore
durante l’estate 2003 ha raggiunto i 410 cm |
Già gli apporti nevosi dello scorso inverno furono
mediocri, e fornirono un accumulo specifico di 0.81 m di equivalente
d’acqua (w.e., water equivalent), a fronte di un valore medio di 1.06
m negli ultimi 12 anni. Questo significa che, al termine dell’inverno,
la quantità di neve accumulata sul ghiacciaio nella stagione
corrispondeva a una lama d’acqua di 81 cm distribuita su tutta la
superficie. L’ingente fusione estiva, con ablazione specifica pari a
-3.81 m w.e. (media -2.25 m w.e.), ha poi contribuito a originare uno
dei bilanci di massa più negativi per il ghiacciaio Ciardoney
dall’inizio delle misure nel 1992, ben -3.00 m w.e.
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Bilanci di massa annuali e curva cumulata dal 1991-92 a oggi.
La stagione 2002-03 rientra nel gruppo delle più sfavorevoli,
assieme al 1997-98. La perdita di massa complessiva degli ultimi 12
anni
corrisponde a una lama d’acqua di 14.3 metri distribuita su tutto il
ghiacciaio. |
L’abbondante acqua di fusione ha inciso
profonde bédières sulla superficie del ghiacciaio, fino a 2-3 metri
nel settore frontale. Nei tre mesi estivi 2003, da inizio giugno a
inizio settembre, la fusione ha evacuato dal ghiacciaio circa 3.200.000 m3
d’acqua. |
Ancora
più gravoso il dato di variazione frontale: l’arretramento intervenuto
dallo scorso settembre, espresso come media dei due segnali di misura,
corrisponde a 28.5 m, e costituisce il più intenso regresso annuale
della fronte dall’inizio delle misure nel 1971. Il massimo precedente
spettava al 1990, con -25 m. Il ritiro complessivo dal 1971 al 2003
sale quindi a ben 247 m.
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Un momento delle misure frontali al segnale A3B:
in questo punto l’arretramento è stato di 27.5 metri. |
Il segnale istituito nel 1971 dall’osservatore
CGI Gianpaolo Ravarino,
allora posto a 15 metri dalla fronte,
adesso è
ormai distante oltre 250 m. |
La forte fusione e la conseguente abbondanza d’acqua
sulla superficie del ghiacciaio ha intensificato i fenomeni di
carsismo glaciale sul settore mediano, con la formazione di nuovi
grandi mulini. Due di questi sono stati esplorati da un’équipe
di glacio-speleologi dell’associazione «La
Venta» . Una prima ricognizione dei mulini glaciali del
Ciardoney venne effettuata già nell’ottobre 1999. Ampi approfondimenti
sull’evoluzione del ghiacciaio Ciardoney e sui fenomeni di carsismo
glaciale in genere sono disponibili in
Nimbus 23-24 .
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Giovanni Badino, glacio-speleologo dell’asssociazione
«La
Venta»,
all’imbocco di uno dei due mulini esplorati.
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Due vedute all’interno del medesimo
mulino. La struttura, che termina con una sala di ghiaccio invasa
dall’acqua di fusione, è profonda 38 metri. Il mulino esplorato
nell’ottobre 1999 risultò profondo 35 metri. Questi dati forniscono
un’indicazione sulla profondità del ghiacciaio in questo settore, che
dovrebbe aggirarsi sui 40-45 metri. Se nei prossimi decenni le perdite
di spessore dovessero mantenersi intorno a 1m/anno, il ghiacciaio
potrebbe scomparire nel volgere di circa 40 anni, per lo meno fino
alla quota di 3050 m; se invece dovessero manifestarsi con maggiore
frequenza stagioni estremamente sfavorevoli, come il 2003, la
scomparsa potrebbe avvenire addirittura in 15-20 anni.
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La base operativa per le operazioni di
misura sul ghiacciaio e l’esplorazione dei mulini il 17 settembre 2003
è stata organizzata su un grande masso nei pressi della palina 3,
battezzato «Hotel des Turinoises», in analogia con il ben più famoso
«Hotel des Neuchâteloises», base per le misure effettuate nel 1840-45
dal glaciologo Louis Agassiz sul ghiacciaio dell’Unteraar, Alpi
svizzere.
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