Si descrive qui
l’evento meteorologico che, il 25 ottobre 2011, ha causato morte e
distruzione in una fascia di territorio tra la costa della Liguria
di Levante e la Lunigiana, interessando circa 700 km² di territorio su
cui si sono registrate precipitazioni straordinarie, oltre i 300 mm in
6 ore, con picchi di poco inferiori ai 500 mm nello stesso arco
temporale. Dopo un’analisi della genesi dell’evento, si descrivono gli
effetti soprattutto per quel che riguarda la costa e segnatamente
Vernazza, borgo molto caro a chi scrive, la cui devastazione ha potuto
osservare dal vivo tra il 31 ottobre e il 1° novembre scorsi.
Lunedì 24 ottobre,
un vasto fronte freddo collegato ad un minimo a nord-est della Scozia
ha favorito l’approfondimento di una saccatura estesa dalle Isole
Britanniche alla Penisola Iberica. Nel Golfo del Leone, si è formato
un minimo secondario di 998 hPa che ha richiamato verso il medio-alto
Tirreno un intenso ed esteso flusso di correnti meridionali nei bassi
strati.
Questo “fiume” di
aria calda e umida (in movimento da Sud verso Nord) ha continuato ad
arricchirsi di vapore nel suo tragitto sul mare, sia sul Mediterraneo
Occidentale che su quello Centrale, ponendo così le basi per
precipitazioni intense dove la massa d’aria ha incontrato le barriere
orografiche a favorirle.
Nella notte tra il 24 e il 25 ottobre, inoltre, a est del sistema
frontale vero e proprio, hanno iniziato a formarsi alcune linee
temporalesche. Nelle prime ore del mattino, poi, il ramo ascendente
del getto a 300 hPa si è portato a ridosso del NW italiano, con l’area
di massima divergenza in quota che è andata localizzandosi tra la
Liguria di Levante e la punta NW della Toscana.
Immagine satellitare NOAA-IR, h 11:55 UTC del 25.10.2011: l'intensa
perturbazione atlantica è attiva sul Nord-Ovest italiano, con massimi
effetti sulla Liguria di Levante e la Lunigiana (fonte:
Rec.
St. Univ. Dundee, UK).
Alle 12 GMT di
martedì 25 ottobre, erano presenti un fronte freddo esteso dal Golfo
del Leone all’Atlante marocchino e un fronte caldo sul Mar Ligure, a
nord della Corsica. Nel frattempo, sull’Italia Meridionale e i Balcani
era presente un promontorio anticiclonico, propaggine di un vasto e
ben strutturato anticiclone presente sull’Europa nord-orientale con
elevati valori di pressione al suolo (fino a 1035 hPa sulla
Bielorussia): si era, quindi, in presenza di una situazione di
blocco. Dalle mappe dei fronti non si intuisce comunque il dramma
che in quel momento (le 14 ora locale) stava per consumarsi tra le
Cinque Terre, la Val di Vara e la Lunigiana, dove erano in atto già da
alcune ore precipitazioni di straordinaria intensità e le frane
cominciavano a far scendere a valle terra e detriti insieme all’acqua.
La situazione di blocco ha rallentato l’evoluzione della situazione,
con le precipitazioni da fronte caldo che hanno insistito copiose per
ore e ore nelle stesse zone e il fronte freddo che è avanzato molto
lentamente. La stazionarietà dei fenomeni e la loro intensità sono
state esaltate da diversi fattori, in particolare l’orografia della
zona e la ventilazione nei bassi strati. La presenza del ”naso padano”
(ovvero un promontorio anticiclonico all'interno della Valpadana,
indice di sbarramento delle correnti meridionali al Sud delle Alpi),
con notevole differenza di pressione tra Pianura Padana e Mar Ligure,
causava una persistente ventilazione da E-NE sulla Pianura Padana, tra
NE e NW su Liguria di Levante e Lunigiana e da N-NW sulla Liguria di
Ponente. Il vento che sboccava dalle valli a Ovest della Punta Mesco
(promontorio tra Levanto e Monterosso) si orientava da N in mare
aperto, mentre poco più a Est, nei bassi strati, era presente una
vivace ventilazione da Sud che diventava da S-SE sulla riviera
apuana-versiliese. All’interno del flusso da S-SW in quota, con
allineamento tra gli 850 e i 300 hPa, si è così sviluppato un
sistema temporalesco multi-cella che si è autoalimentato
(temporale autorigenerante), insistendo per ore sulla stessa area
geografica (Levante Ligure e Lunigiana; lungo la costa, interessato il
settore tra Bonassola e Corniglia, con epicentro dei fenomeni tra
Monterosso e Vernazza).
Carta dei venti al suolo alle ore 13 UTC del 25
ottobre 2011 (modello ARW,
consorzio LAMMA).
Si nota l'evidente wind-shear orizzontale proprio in corrispondenza
delle Cinque Terre tra il vivace flusso di scirocco che risale dal
Tirreno e la ventilazione settentrionale sul Mar Ligure.
Si diceva del ruolo
dell’orografia, determinante nel contribuire alla rigenerazione del
temporale sempre sulla stessa zona. L’aria fredda riversata verso il
basso dalla forte corrente discendente (downdraft) del primo
temporale, nato sul mare e scaricatosi qualche km più nell’interno,
crea un flusso locale di aria fredda che scivola veloce lungo il
pendio, ritorna al mare (molto caldo per la stagione) e crea i
presupposti per la formazione di un'altra cella temporalesca. Tutto
questo è avvenuto, il 25 ottobre, con la spinta delle persistenti e
forti correnti umide meridionali che causavano nuovamente l’ascesa
forzata della massa d’aria sul lato sopravvento.
Solo nel tardo
pomeriggio il relativo cedimento del blocco anticiclonico ha permesso
al sistema temporalesco di spostarsi verso SE, con fenomeni intensi
che hanno interessato in serata la Versilia, le Alpi Apuane e la
Garfagnana, dove però le precipitazioni, pur superando diffusamente e
ampiamente i 100 mm complessivi con intensità superiori ai 50 mm/h,
hanno insistito intense per sole 2-3 ore.
Piogge moderate
(cumulate non superiori ai 40 mm) nelle aree che saranno poi
alluvionate durante la giornata, si sono avute già tra le 0 e le 6 GMT
del 25 ottobre. Tra le 6 e le 12 GMT, con l’innesco del violento
temporale e la sua rigenerazione in loco, le precipitazioni si sono
intensificate decisamente con massimi puntuali di 220-230 mm nel
Levante Ligure (di cui 180-200 tra le 9 e le 12 GMT) e fino a 120 mm
in Lunigiana. La stazionarietà dei fenomeni è evidente confrontando la
cumulata alle 12 GMT a Monterosso e a Corniolo, la collina tra
Manarola e Riomaggiore, 8-9 km a E-SE. Alle 12 GMT, la cumulata di
Monterosso era già di 230 mm (di cui quasi 200 tra le 9 e le 12 GMT),
quella di Corniolo era di 23 mm (dati
ARPAL)!
Nelle successive 6
ore, le piogge hanno raggiunto intensità poche volte osservate nel
passato e l’attività temporalesca si è intensificata ulteriormente. Si
sono registrati massimi puntuali di 270-280 mm (di cui 260-270 mm tra
le 12 e le 15 GMT) sul Levante Ligure e fino a 220 mm in Lunigiana (di
cui 170-180 mm tra le 14 e le 17 GMT). Nella media Val di Vara,
durante le peggiori sei ore, tra le 9 le 15 GMT, sono caduti fino a
472 mm di pioggia, mentre in Lunigiana i massimi sulle sei ore non
hanno superato i 270-280 mm (260 mm all’Osservatorio SMI di Pontremoli
dalle 11 alle 17.30, dove il totale evento è stato pari a 376 mm).
I 472 mm registrati in 6 ore a Brugnato sono un nuovo record italiano,
il precedente era di 447 mm, caduti a Genova-Bolzaneto l’8 ottobre
1970
(in quella circostanza sulle 24 ore caddero 948 mm). Il totale
dell’evento nel borgo della Val di Vara è stato di 542 mm in 30 ore
(di cui 511 in 12 ore). Purtroppo, il pluviometro di Monterosso ha
smesso di funzionare pochi minuti prima delle 15 GMT, quando la
cumulata era di 315 mm, di cui quasi 290 dopo le 10 GMT.
Precipitazioni
orarie e cumulate a Monterosso al Mare (SP): il pluviometro
ha rilevato 315 mm e intensità orarie fino a 83 mm prima di andare
in avaria verso le 15 UTC (le 17 locali). Fonte:
ARPAL.
Per quanto riguarda
Vernazza, mancano dati ufficiali (dopo l’alluvione una Stazione Arpal
è stata installata presso San Bernardino, a quota 290 m sul poggio che
sovrasta Vernazza a Est), ma fonti ufficiose riferiscono di un
accumulo complessivo di circa 500 mm.
Sia a Monterosso
che a Vernazza, le strade principali dei borghi sono state
“riprese”, durante l’evento alluvionale, dai rispettivi torrenti “tombati”,
ovvero coperti, che lungo quelle strade scorrevano fino a qualche
decennio fa. Pur essendo stati vistosi i danni anche a Monterosso, con
circa 2 metri di fango e detriti lasciati dall’onda di piena, a
Vernazza l’effetto è stato assolutamente devastante.
Vernazza: la zona
della Fontanavecchia, a monte della stazione. Qui il Rio Vernazzola
percorre con scarsa pendenza gli ultimi metri all'aperto, prima di
entrare nel tunnel. In alcuni punti l'altezza dello strato detritico
ha raggiunto quasi i 10 m (f. G. Staiano).
Il violentissimo nubifragio, probabilmente, non spiega da solo tutto
ciò che è accaduto nella “perla” delle Cinque Terre. A monte del
paese, si stima che oltre 2 milioni di metri cubi di detriti abbiano
coperto per circa 1,5 km la valle del rio Vernazzola. Il materiale
è derivato da numerose grosse frane che si sono aperte lungo la
strada, anche più a monte, trascinando a valle con violenza tutto
quello che hanno trovato sul proprio percorso. Un ruolo probabilmente
decisivo lo ha avuto poi il collasso del parcheggio di Vernazzola,
quello dove lasciavano le auto i non residenti, realizzato con il
riempimento di una piccola valle laterale. Il collasso del parcheggio,
oltre ai detriti, ha fatto scendere violentemente a valle anche decine
di automobili. La massa di acqua, detriti e automobili si è abbattuta
con violenza sulla parte bassa della valle e sull’altro parcheggio,
quello riservato ai residenti immediatamente prima dell’ingresso in
paese, a sua volta investito da una frana. Alcuni video realizzati da
turisti hanno mostrato come sono state inghiottite dalla corrente auto
e furgoni in questo parcheggio, realizzato poche decine di metri prima
del punto dove inizia il corso artificiale del Vernazzola, che si
infila in galleria appena a monte della stazione ferroviaria di
Vernazza.
Vernazza: via Roma prima e dopo l'alluvione (f. G. Staiano).
La massa enorme di
acqua, terra, sassi, auto, putrelle di ferro (appena a monte del
tunnel vi erano anche alcuni ponti, travolti anch’essi dalla piena) e
detriti vari ha così intasato l’imbocco della galleria di scolo.
Già prima dell’intasamento del tunnel, l’acqua comunque non riusciva
più a defluire completamente nel corso artificiale e una prima
onda di piena si è riversata in paese poco prima delle 15, con acqua e
terra che hanno trasformato Via Roma in un torrente, che si divideva
in due rami all’altezza del caratteristico passaggio presso la
Gelateria Stalin, dove un pertugio nello sperone roccioso su cui sorge
la parte est del paese permette l’entrata delle onde nella via durante
le mareggiate più violente. Un ramo del torrente scendeva in mare da
questo passaggio, il secondo deviava a destra su Via Visconti
sboccando poi sulla caratteristica piazza Marconi, affacciata sul
mare. Quando la galleria si è chiusa, intorno alle 15.30-15.45, i
detriti si sono rapidamente accumulati a monte dell’imbocco fino a che
la terra e i sassi sono arrivati al livello della strada, riversandosi
insieme all’acqua con violenza inaudita su via Roma. La strada, vero
cuore pulsante del paese con tutti i negozi e gran parte dei locali,
si è riempita rapidamente di detriti fino ad una altezza di 3,5-4
metri, tanto che la luce del sottopasso ferroviario si è riempita
completamente, le porte dei piani terra erano completamente coperte e
la chiesetta di Santa Marta, che un terrificante
video mostra travolta da impetuose ondate, è stata totalmente
sepolta. Nel frattempo, da
una valletta laterale a NE della stazione, è scesa un’altra grossa
frana, i cui detriti hanno invaso la sede ferroviaria, riuscendo a
riempire per un’altezza di un paio di metri anche diverse centinaia di
metri del tunnel dove corre il binario a monte, in direzione di
Coniglia-La Spezia.
L’area immediatamente a monte dell’imbocco del tunnel artificiale del
Vernazzola si è riempita completamente di uno strato di 7-9 metri di
detrito, come pure gli ultimi 700-800 metri della valle prima
dell’ingresso in paese, dove l’accumulo di detrito è stato favorito
dal calo della pendenza. In questa parte del corso del torrente,
quella che era una valletta stretta e incassata è diventata una
spianata larga 30-40 metri. Più a monte, invece, la maggiore velocità
della corrente ha permesso un minore accumulo di detrito, ma vi è
stato un vero e proprio “scorticamento” dei pendii laterali, con
alcune case e capanni che sorgevano a mezza costa diversi metri sopra
il livello del torrente rimasti grottescamente sospesi nel vuoto.
Vernazza: il vecchio mulino, trasformato in una
caratteristica abitazione, come era prima dell'alluvione e come era
il 1° novembre 2011 (f. G. Staiano). Siamo poco a monte dell'abitato,
dove la stretta valletta è stata riempita da circa 7 metri di detriti
e trasformata in una ampia spianata.
Vernazza ha pagato
un tributo alto anche in termini di perdite umane. Tre persone,
due uomini e una donna, sono state travolte dalla piena e per
molti giorni sono state considerate disperse. I cadaveri di Sauro
Picconcelli, 55 anni, titolare del Bazar (negozio di casalinghi e
souvenir), e di Pino Giannoni, 70 anni, gelataio, sono stati ritrovati
sulle spiagge della Costa Azzurra, trascinati dalle correnti, e
riconosciuti rispettivamente il 10 e l’11 novembre. La terza vittima,
ufficialmente ancora dispersa, è l’ottantenne Giuseppina Carro; si
attende il test del DNA per verificare se è suo il terzo corpo
ritrovato sulle coste francesi. Complessivamente, l’alluvione ha
causato 12 morti accertati tra Cinque Terre, Val di Vara e Lunigiana,
cui va aggiunta la donna dispersa.
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