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CLIMATOLOGIA
LOCALE
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TRE
SECOLI DI CLIMA A TORINO
GIOVEDI SCIENZA,
14a edizione - 09.12.1999
Luca Mercalli, Gennaro Di Napoli, Luciano Grinza - Società Meteorologica Subalpina,
Torino
Nell'ambito del programma di
conferenze scientifiche "Giovedì
scienza" è stato presentato il risultato di oltre 15 anni di
ricerche di Luca Mercalli, Gennaro Di Napoli, Luciano Grinza (tutti soci fondatori della
SMS). La serie dei dati e delle cronache meteorologiche di Torino è una delle più
complete e più affidabili d'Italia, ed è la più lunga al mondo per le misure di altezza
della neve (dal 178 )Il testo che segue è il riassunto della conferenza, che speriamo
possa un giorno trasformarsi in un libro.
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Ecco la carta didentità
del clima torinese:
- Temperatura media annuale: tra 12 e 13 °C
- Mese più freddo: gennaio ( 1.9 °C), mese più caldo: luglio (22.5 °C)
- Temperatura minima assoluta: -21.1 °C il 26 gennaio 1795
- Temperatura massima assoluta: 38.0 °C il 2 agosto 1928
- Numero di giorni con temperatura pari o inferiore a 0 °C: circa 70
- Quantità di precipitazione annuale: 900 mm (ad Alessandria sono circa
600 e sul Lago Maggiore arrivano a 2500)
- Mese di norma più piovoso: maggio (125 mm), mese più asciutto: febbraio
(38 mm)
- Numero di giorni con pioggia in un anno: circa 80
- Quantità di neve che cade in media ogni anno: 48 cm in 8 giorni
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Questi sono alcuni dei dati più comuni utilizzati per
descrivere il clima di una località, ma ce ne sono altri (direzione e velocità del
vento, nuvolosità, radiazione solare
) così come moltissimi sono i metodi di
aggregazione statistica: anni, mesi giorni ore, stagioni, decenni, trentenni, secoli.
Perché misurare i caratteri fisici dellatmosfera? E solo una curiosità per
amatori (che tra laltro esistono e collezionano le temperature come i francobolli o
i minerali), o cè dellaltro? Molto di più. Conoscere il comportamento
dellatmosfera è uninformazione di grande importanza pratica. Per
lagricoltura, ad esempio (scelta delle varietà più adatte, difesa dai fenomeni
estremi), oppure - in una città come Torino - per progettare gli edifici nel modo più
opportuno (ricordate le auto distrutte dalla caduta di neve dai tetti nel gennaio 1987?),
per calcolare gli spessori dellisolamento termico e il consumo di combustibile da
riscaldamento (Italgas e AEM utilizzano ogni giorno le temperature per gestire
lerogazione di gas e di acqua calda nella rete di teleriscaldamento), per progettare
le dimensioni delle fognature (quanti tombini scoppiano come bombe durante i forti
temporali estivi!), per condurre lo sgombero della neve (quando
viene…), per pianificare la data di una manifestazione all’aperto
(a maggio meglio di no, piove quasi un giorno su due), per dirimere
cause civili e penali (c’era o non c’era la nebbia? la strada era
gelata o no?), per prevedere quanta acqua avremo nei pozzi e nei fiumi
che alimentano l’acquedotto, per tenere sotto controllo le alluvioni
e gli eventi catastrofici, come i due terribili uragani che l’11
agosto 1904 e il 23 maggio 1953 danneggiarono e decapitarono la Mole
Antonelliana.
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Questo per
gli addetti ai lavori, ma tutti sanno quanto si parli del tempo al
bar, al mercato, sul tram (Che freddo! Che caldo! Non smette più di
piovere! Piovesse un po’ toglierebbe tutta questa polvere!). Eppure,
nonostante questa grande popolarità della meteorologia, raramente ci
soffermiamo ad osservare le nubi che ogni giorno scorrono sulla nostra
testa, e ci dimentichiamo nel giro di un paio di giorni del tempo
passato. Ecco perché è importante che qualcuno misuri cosa succede
ogni giorno nella nostra atmosfera.A Torino questo lavoro si fa da
quasi tre secoli, un patrimonio di informazioni ancora poco noto e
valorizzato che riserva molte sorprese, non solo scientifiche, ma di
curiosità storica e di cultura quotidiana.
Lindagine giunta oggi a compimento, è durata una quindicina
danni. Si era nel 1984 quando iniziammo la sistematica ricerca dei documenti
darchivio e, quasi alla cieca, seguivamo i tenui fili di unattività un tempo
brillante oggi per molti versi trascurata. Ne è nato un archivio di oltre 90.000 giorni
di osservazione con circa 360.000 valori numerici: grazie allinformatica si possono
ora raccogliere i frutti del silenzioso lavoro portato avanti dal 1753 ad oggi. Si sono
trovati manoscritti inediti, splendidi archivi fotografici dai toni seppiati, si sono
corretti strafalcioni storici, che purtroppo continuano anche oggi a riproporsi per opera
di studiosi un po troppo frettolosi, si sono ricostruiti i cieli di una Torino ora
grigia e nebbiosa come Berlino dinverno, ora luminosa e brillante come la Costa
Smeralda. Ma vediamo i passi più significativi di questo cantuccio di storia.
Circa 10.000 anni fa terminava lultima era glaciale. La fronte del
ghiacciaio della Valle di Susa, che superava in spessore la sommità della Sacra di San
Michele, si ritirava rapidamente lasciando le morene di Rivoli e i laghi di
Avigliana. Il
luogo dove ora sorge Torino era forse una steppa desolata, con molta sabbia e ghiaia
deposta dai disordinati torrenti glaciali e battuta da venti freddi e asciutti. Venne il
caldo e crebbero i boschi. Per 8000 anni solo piccoli gruppi di cacciatori videro un clima
che noi possiamo solo immaginare con laiuto delle indagini di pollini fossili, torbe
e sedimenti lacustri. Nel 28 a.C. i Romani fondarono Torino, trovando un clima mite e
piuttosto asciutto: gli olivi prosperavano sulle colline. Ma anche con la nuova civiltà,
non si hanno, per altri 15 secoli, che sporadiche e imprecise cronache meteorologiche.
Allinizio del 1500 il clima peggiora e per quasi 400 anni darà luogo alla nota
"Piccola Età Glaciale": è in queste condizioni che si sviluppano le prime
osservazioni, grazie alle invenzioni e alla messa a punto, per merito della fiorentina
Accademia del Cimento, dei primi termometri, barometri e igrometri (1650).
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Donato Rossetti, matematico livornese al servizio
della corte sabauda, pubblica nel 1681 "La Figura della neve" una descrizione
della forma dei cristalli di neve visti al microscopio. Più tardi, proprio a Torino,
prenderà avvio la serie più lunga del mondo di misure quotidiane di neve.
Singolari le
cronache meteo desunte dal diario di Ludovico Soleri, attuaro del Senato
torinese: dal 1682 al 1721, sono centinaia le annotazioni che disegnano un clima più
continentale, con lunghe siccità intervallate a brevi piogge intense. Faceva più freddo
e la neve, sebbene non abbondante, durava per buona parte dellinverno, poiché i
reali Sabaudi erano usi fare gite in slitta dal Palazzo di Piazza Castello al parco del
Valentino. Non mancano nevicate tardive (come quella del 1 maggio 1714, durata 4 ore) e
forti venti freddi anche nel cuore dellestate. Nel gennaio 1709 fece così freddo
(circa 20°C) che il Po gelò completamente a San Mauro e lo si poteva attraversare
sui carri: non avvenne mai più in seguito. Giambattista Bianchi, medico
torinese, ci ha lasciato un curioso diario delle vicende meteo dal 1741 al 1746: citiamo
la spaventosa grandinata del 16 agosto 1741 (caduta di alberi, distruzione dei vetri sulle
facciate N e W per il vento e la grandine grossa come uova e più, danni ai tetti), e il
gelo del gennaio 1745, con neve e forte tramontana, tale da far gelare per diversi giorni
lacqua nelle cucine riscaldate (si fa per dire...). Bisogna attendere il 1753 per
linizio delle osservazioni regolari: il conte Ignazio Somis, medico
di corte, acquisisce misure di temperatura, pressione e stato del cielo, ma non sempre in
città, dovendo accompagnare la famiglia reale nelle residenze estive. Le osservazioni
proseguono fino al giugno 1793. Ricordiamo uno spettacolare fenomeno: la
"nebbia" del giugno-luglio 1783. Lorigine non era meteorologica ma
vulcanica. Responsabili i gas e le polveri che avvolsero non solo il Piemonte, ma
lintera Europa, emessi dai vulcani islandesi Laki, Skaptar Jökull e Eldeyjar
(questultimo al largo dellIslanda) entrati in eruzione verso l8 giugno.
Nel 1780 abbiamo il primo appassionato di meteorologia della storia di Torino: Giovanni
Domenico Beraudo che per ventanni (fino al 1802) misura temperatura,
pressione, neve e per primo, la quantità di pioggia, dapprima nella sua casa presso
lodierna via Pietro Micca, poi al Castello del Valentino. Per la prima volta le
osservazioni torinesi vengono pubblicate, anche se per pochi mesi: "La Specola",
(1789-90) è il primo periodico meteorologico subalpino. Gran parte delle osservazioni è
andata tuttavia perduta. La meteorologia ufficiale di Torino ha inizio nel 1787 con
lapertura dellosservatorio dellAccademia delle Scienze, nella via
omonima presso piazza S. Carlo. Ledificio e la
biblioteca esistono tuttoggi, ma della specola non vè più traccia, essendo
stata incendiata durante un bombardamento nel 1943 e demolita pochi anni dopo.
Lattività assunse particolare vigore sotto la direzione di Antonio Maria
Vassalli-Eandi (una via è a lui intitolata presso corso Inghilterra). Questi nel 1802
dà inizio anche alle misure pluviometriche; pubblica dal 1809 al 1811 i primi annali
delle osservazioni e, da scienziato illuminista, si cimenta subito con la verifica dei
proverbi meteo: in base ai dati degli strumenti, conclude già allora che erano quasi
sempre fallaci.
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Nel 1865
la specola dell’Accademia viene sostituita dall’osservatorio sul
tetto di palazzo Madama, già sede dell’osservatorio astronomico
della città. Fino al febbraio 1919 Palazzo Madama continua a rilevare
i dati con cura pubblicandoli ogni anno (fino al 1915) in bollettini
ancora oggi conservati nelle biblioteche cittadine. Nello stesso anno, padre Denza
fonda al Real Collegio di Moncalieri, presso l’osservatorio già
attivo dal 1859, la prima Associazione Meteorologica italiana, che
imprime nuovi stimoli allo studio dell’atmosfera e vede nascere a
Torino, qualche anno dopo (1884) una rete di ben 15 stazioni meteo,
coordinate dall’Osservatorio Meteo Popolare con sede nella torre
quadrata del castello medievale del Valentino (oggi completamente
vuota, solo una lapide ricorda i pionieri della meteorologia!). L’osservatorio
di Moncalieri è invece ancora in attività. Nel 1919 si decide la
demolizione della specola di Palazzo Madama, per restaurarne l’aspetto
originario. Intanto l’attività astronomica era stata trasferita da
qualche anno a Pino, e qui comincia la decadenza della meteorologia
torinese. Nessuna istituzione si assume l’onere di continuare il
compito regolarmente portato avanti da oltre 130 anni.
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Dopo un decennio di rilevamenti inattendibili (per
cui si è preferito ricorrere alle osservazioni di Moncalieri), l’Istituto
di fisica dell’Università nel 1929 allestisce un ottimo
osservatorio in via Valperga Caluso, dove continuerà l’attività
fino al 1953. Nel 1927 l’Ufficio Idrografico del Po aggiunge una
semplice stazione termopluviometrica presso la propria sede
(attualmente nelle vicinanze di Porta Susa). Con gli anni Venti e lo
sviluppo dell’aviazione, la meteorologia comincia a spostarsi
negli aeroporti: dagli anni ’30 al 45 a Mirafiori (oggi CNR), poi
in corso Marche (1946-53) e infine a Caselle. Ma oggi, benché
compaiano su giornali e TV, questi dati non hanno più nulla a che
vedere con quelli della città. Altre stazioni pubbliche e private
sono nate recentemente nel territorio comunale (sono una decina), ma
nessuna uguaglia la precisione e l’autorevolezza raggiunte dagli
antichi osservatori ottocenteschi, né esiste più – ahimè, nell’era
dei computer - una pubblicazione sistematica dei dati a disposizione
del pubblico.
Vediamo dunque i risultati più significativi di questo lavoro, anche in
relazione agli attualissimi studi sui cambiamenti climatici, che trovano nelle serie
storiche secolari come quella di Torino un termine di confronto insostituibile. La
temperatura è aumentata. Non solo a causa dellespansione del nucleo urbano, con
le auto e le caldaie degli edifici (questo è leffetto "isola di calore
urbano"), ma anche come segnale climatico depurato delle alterazioni locali.
Attraverso fasi di crescita alternate a temporanei raffreddamenti, i valori hanno
guadagnato 1.9°C da metà Settecento ad oggi, quando si localizzano gli anni più caldi
di oltre due secoli. La stagione che ha manifestato in maniera più netta il riscaldamento
è stata linverno, la cui temperatura media è cresciuta di 2.8°C dallinizio
della serie ad oggi: in questo secolo viene percepito come inverno molto freddo ciò che
nel periodo 1753-1785 era accolto come inverno normale o addirittura mite.
I totali annui
delle precipitazioni a Torino si rivelano nettamente più elevati nel corso
della prima metà dell800, periodo nel quale ha luogo anche il massimo assoluto
della serie pari a 1756 mm nel 1810. Nellultimo secolo a Torino è piovuto meno,
anche se gli episodi di forte intensità continuano a segnare la nostra memoria: basti per
tutti lalluvione del 5 novembre 1994 e per finire il violento temporale della sera
del 14 maggio 1998. Anche la neve batte in ritirata. I grandi inverni di fine
settecento e inizio ottocento sono solo un labile ricordo: linverno 1784-85,
totalizzò 233 cm, il solo dicembre 1808, ben 128 cm. Recentemente, solo le nevicate del
1985-86-87, che giunsero al massimo a formare un manto di 50 cm in città, possono essere
paragonate a quelle che erano comuni un inverno su cinque tra il 1784 e il 1902. Perdurano
invece gli episodi di nevicate fuori stagione, come quella del 27 ottobre 1979 o quelle
del 25 aprile 1972 e del 18 aprile 1991.
E il clima della Torino futura? Ogni torinese scarica ogni anno
nellatmosfera circa 5 tonnellate di anidride carbonica, parte di quei 22 miliardi di
tonnellate emessi ogni anno nel mondo. Se leffetto serra farà progressi come
previsto dai modelli climatici, spenderemo probabilmente meno per riscaldarci
dinverno, ma di più per rinfrescarci destate; non mancheranno gli eventi
estremi e fuori stagione, anche se mai si può dire che, nella storia, Torino abbia
conosciuto stagioni stabili. Se 18000 anni fa Torino era come Sestriere, fra soli 100 anni
potrebbe diventare calda come oggi è Roma, la stagione nevosa diventare discontinua sulle
stesse Alpi, il bacino Mediterraneo potrebbe generare cicloni tropicali... La risposta è
nei numeri: misurare, misurare, bisogna continuare a misurare.
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