Ma cosa sono e come funzionano (se funzionano) le
previsioni stagionali?
Tutti le usano, nessuno lo sa. Il problema è che non funzionano.
Ma chi le fa, allora è un impostore? No, tutt’altro, si tratta di serie
istituzioni scientifiche che lavorano su uno dei temi più
all’avanguardia delle scienze atmosferiche. La possibilità di prevedere
le anomalie climatiche su un orizzonte stagionale (3-6 mesi) ha infatti
enormi implicazioni economiche nei settori dell’agricoltura,
dell’energia e del turismo. Il fatto è che la scienza va avanti per
piccoli passi, con verifiche e adeguamenti continui, lungi
dall’irritante paradigma corrente del “tutto e subito”. Le previsioni
stagionali muovono da pochi anni i loro primi passi. Sono essenzialmente
delle informazioni per ora destinate agli addetti ai lavori, che -
grazie a Internet - sono però consultabili da chiunque, il che è una
bella cosa. Ma è ovvio che un prodotto sperimentale debba fornire
risultati solo sperimentali. Chi li pubblica sui giornali non fa buona
informazione, nuoce alla scienza climatologica e ovviamente agli utenti,
che si sentiranno traditi dagli inevitabili insuccessi.
E’ un po’ come se qualcuno
pubblicasse su Internet i propri esami del sangue, e chiunque, men che
medico, si dilettasse, in base ai valori dei globuli rossi o del
colesterolo, a diagnosticare di quale malattia soffre il malcapitato e
quanti mesi gli rimangono di vita senza nemmeno averlo visto in faccia
(o verificare che le analisi siano state eseguite senza errori). Poco
più che pettegolezzi climatologici.
Su cosa
sono basate le previsioni stagionali?
Semplificando, la possibilità di effettuare previsioni del tempo
stagionali risiede nella capacità dell'oceano di influenzare l'atmosfera
attraverso lo stoccaggio di energia solare che nell’acqua ha tempi di
permanenza assai più lunghi di quelli tipici dell’aria. E’ come dire che
le correnti atmosferiche hanno poca memoria energetica (giorni), mentre
quelle oceaniche l’hanno assai più lunga (mesi-anni). Poiché la
distribuzione della temperatura media delle acque oceaniche superficiali
(SST, sea surface temperature) non è costante nel tempo e nello
spazio ma mostra anomalie, è logico supporre che queste anomalie di
lunga durata possano influenzare la configurazione barica atmosferica
attraverso lo scambio energetico acqua-aria, e che tali configurazioni
governino poi l’assetto del tempo su regioni anche molto distanti dalle
zone oceaniche dove hanno avuto origine (teleconnessioni). Se dunque si
riesce a conoscere lo stato termico degli oceani globali, diviene
possibile ottenere informazioni di massima sul comportamento
dell’atmosfera nei mesi successivi. Dal momento che si considerano
processi complessi a scala globale, è necessario accoppiare potenti
modelli di simulazione numerica dell’oceano e dell’atmosfera. Il livello
di dettaglio e la probabilità di successo di queste previsioni sono
ancora assai ridotti anche a causa della natura turbolenta (e quindi
caotica) del sistema, che viene in qualche modo messa sotto controllo
usando tecniche probabilistiche (modelli di ensemble), cioè
creando una sorta di “nuvola” di scenari, solo leggermente differenti
tra loro, che vengono analizzati in chiave statistica, permettendo di
scegliere quello che mostra maggiori probabilità di verificarsi.
Risultati ancora
incerti
Esistono ancora enormi margini di incertezza nell’affidabilità e
nell’interpretazione delle previsioni stagionali disponibili per uso
operativo. Questo vuol dire che, mentre la comunità scientifica lavora
per migliorare i risultati (e ci vorranno probabilmente degli anni
perché essi siano statisticamente applicabili alle attività quotidiane,
come scegliere dove andare in vacanza), coloro che eventualmente hanno
accesso ai tali dati, sappiano usarli con cautela e con il buon senso
suggerito dall’applicazione del metodo scientifico, come del resto
suggerisce per esempio l’ECMWF:
“Presently, monthly forecasting is still an experimental programme in
which forecasting skill is being evaluated.
Given this framework, it is important
that any potential user of monthly forecasting is cautious.”
Un eccellente lavoro che fa il
punto sull’argomento è quello recentemente apparso sulla rivista
francese “La
Météorologie” (n.41 – maggio 2003) a firma di Michel Déqué di Météo
France, dal titolo: La prévision numérique à l’échelle saisonnière:
que sait-on faire et que peut-on espérer?
Il punto di domanda alla fine del titolo riassume tutte
le incertezze del problema, che pur promettente sul lungo periodo, deve
oggi essere trattato assolutamente ad esclusivo livello sperimentale.
Chi fa previsione
stagionale?
In Europa leader del settore è il Centro Europeo per la Previsione
Meteorologica a Medio termine di Reading (UK), che ha iniziato un
programma di previsioni stagionali globali del quale tuttavia sono
presentati su Internet i soli risultati per le zone tropicali. I dati di
previsione alle latitudini più elevate, Europa compresa, non sono resi
disponibili, se non dietro la stipula di accordi specifici. Ciò rientra
nella politica del centro europeo, sempre assai avaro di informazioni
operative verso il pubblico, ma tutto sommato, in questo caso evita
ulteriori confusioni. Un ampio progetto di valutazione e di verifica
delle previsioni stagionali è stato promosso dal centro stesso sotto
l’acronimo
DEMETER (Development of a European Multimodel Ensemble system for
seasonal to inTERannual prediction)
Altra fonte, invece completa per
tutti i continenti, e dalla quale spesso derivano le informazioni date
in pasto ai media, è l’IRI
(International Research Institute for Climate Prediction) ,
un’agenzia cooperativa tra NOAA e Columbia University collocata presso
il Lamont-Doherty Earth Observatory di Palisades, nello stato di New
York.
Vediamo qualche
test
Per convincerci della cautela con la quale ci si deve accostare a questo
soggetto, esaminiamo alcuni esempi concreti:
La primavera 2003 e l’inizio dell’estate sono stati periodi
eccezionalmente asciutti e caldi sul nord Italia: maggio e giugno hanno
toccato il record assoluto di temperatura media mensile registrata in
oltre 200 anni, maggio ha visto una piovosità inferiore del 50% rispetto
alla normale, anomalia assai significativa per un mese che nelle
regioni prealpine presenta il minor coefficiente di variazione (cioè è
raro che maggio sia un mese asciutto).
Una tal sequenza di anomalie di carattere secolare è un segnale
climaticamente molto forte, che non dovrebbe sfuggire a una previsione
stagionale.
Se invece guardiamo alle uscite del
modello IRI per l’Europa emesse nel marzo 2003 per il trimestre
successivo (Aprile-Maggio-Giugno 2003), vediamo che né per
le precipitazioni né per
le temperature viene
prospettata la benché minima anomalia e lo stesso avviene per
l’emissione di aprile relativa alla previsione per il trimestre
Maggio-Giugno-Luglio (precipitazioni
e temperature)
Anche ammesso che i risultati dei
modelli fossero affidabili, vediamo come il mondo dell’informazione non
preparato a divulgare con correttezza i temi scientifici, è in grado di
stravolgere qualsiasi messaggio: la previsione di
precipitazione per il
periodo Luglio-Agosto-Settembre, emessa nel giugno 2003, non mostra
infatti alcuna anomalia sull’Italia, ma il titolo de “Il Corriere della
Sera” del 22 giugno 2003 era perentorio: “In Italia ci sarà siccità
fino a ottobre”. Almeno avessero usato il condizionale…
La previsione di
temperatura per lo stesso
periodo suggerirebbe invece un periodo più caldo della norma, ma come
abbiamo visto, inutile per il momento costruirci sopra più di tante
fantasie, potrebbe verificarsi come no.
Inutile rimarcare che l’IRI è un
istituto scientificamente corretto: esso mette a disposizione
l’informazione così com’è, e anzi, lascia pure in linea tutto l’archivio
storico delle previsioni emesse nei mesi precedenti in modo che i vari
studiosi in giro per il mondo possano far giungere le loro osservazioni
e aiutare a correggere le imperfezioni del modello.
Cautela, senso critico e senso di
responsabilità dovrebbero invece essere d’ispirazione a chi, per
mettersi in evidenza, non fa altro che creare disorientamento e gettare
discredito su una scienza estremamente complessa e da fare, e da
spiegare. |