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IL NUBIFRAGIO DEL 2 SETTEMBRE 2002 IN PROVINCIA DI
TORINO
Introduzione
Domenico
Tropeano, Laura Turconi (CNR-IRPI
Torino) - 4 settembre 2002
Nella notte tra l’1 e il 2 settembre 2002, precipitazioni a carattere di nubifragio hanno investito con particolare intensità l’alta pianura a sud ovest di Torino. L’epicentro dell’evento piovoso si localizza nel Comune di Cumiana, nelle Prealpi pinerolesi
(128 mm tra le 22:40 e le 8:20, ora locale; fonte: Regione Piemonte, Sala Situazioni), e i Comuni di Candiolo (Prato Fiorito) e Lombriasco (Istituto Salesiano), nell’area di Torino sud, dove risultano caduti
140-150 mm soprattutto concentrati in circa 2 ore (Regione Piemonte, Servizio
Agrometeo); a Torino Mirafiori (sede CNR) si sono registrati 51 mm, con massimo orario di
28 mm (ore 23:30-0:30). Tale scroscio risulta concomitante con quello rilevato alla stazione pluviometrica di Cumiana, dove però il valore di intensità è risultato di ben
43 mm in un’ora. Con ciò è ben spiegabile la straordinarietà dei volumi idrici defluiti non solo lungo l’asta principale del torrente Chisola, ma anche i suoi tributari Rio Torto, T. Oitana e 5-6 altri corsi d’acqua minori, componenti la rete idrografica del bacino di drenaggio.
Più in generale, data la conformazione pianeggiante
del territorio, le acque si sono propagate a valle secondo vere e
proprie superfici scolanti costituenti un sistema drenante complesso e
disordinato in cui vie naturali di deflusso, spesso modificate da
attività dell’uomo, interagiscono con una miriade di strutture
antropiche a distribuzione casuale (aree abitate e industriali,
rilevati stradali e altre infrastrutture) sino alla confluenza nel
Fiume Po in territorio di Moncalieri.
Di fatto, gli ingenti apporti idrici concentrati in
poche ore notturne (ipotizzabili in prima approssimazione pari a un
volume complessivo di 10-15 milioni di metri cubi) hanno interessato
vaste superfici a suolo semipermeabile in condizioni naturali (in
buona parte terreni “ferrettizzati” impostati su depositi fluviali
e fluvioglaciali del Pleistocene). Tali terreni, pressoché ovunque
caratterizzati da falde freatiche a profondità modesta (da 1 a 4
metri), sono talora stati stravolti dalle originarie vocazioni d’uso
agricolo per la realizzazione di nuovi insediamenti abitativi e
soprattutto industriali che hanno contribuito in misura incisiva,
localmente, alla totale impermeabilizzazione del suolo con drastica
riduzione dei tempi di risposta “naturali” del bacino idrografico
e parallela concentrazione degli apporti liquidi.
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