RICORDO DI GIOVANNI
BADINO, MAESTRO NELL'ESPLORAZIONE DEGLI ABISSI DELLA TERRA E DELLA
CONOSCENZA
08.08.2017
- Luca Mercalli
Giovanni Badino, fisico e speleologo di
fronte alla stazione meteorologica del Ghiacciaio Ciardoney il 6 agosto
2010
Non si incontrano spesso nella vita dei veri maestri, che abitano
vicino, con i quali poter andare a cena (e che gioia se sono
buongustai!), discorrere per ore, giorni, anni, studiare insieme pezzi
di mondo, farsi domande, trovare poche risposte parziali e scoprire
nuove domande più impegnative, farsi raccontare storie incredibili,
condividere passioni, prima fra tutte la curiosità di sapere, la delizia
di nutrirsi di conoscenza in tutte le sue forme, dai poemi omerici alle
particelle elementari.
Questo maestro era Giovanni Badino, fisico, docente all’Università di
Torino, ricercatore nel campo dei raggi cosmici, speleologo di fama
mondiale, esploratore di mondi sotterranei. Abbiamo percorso tratti di
strada comune per una ventina d’anni.
Professionalmente ci univa la meteorologia delle grotte (quasi sempre
lentissima, infinitesimale, umida e poco appariscente) e il
comportamento delle cavità glaciali (effimere, veloci ad apparire e
scomparire, scivolosissime!), ma in realtà aleggiava tra noi come una
forza d’interazione forte una profonda reciproca ammirazione per
l’intesa scientifica, culturale e umana a tutto campo.
Giovanni, viveva nel suo vecchio appartamento popolare di Torino, vicino
a Porta Palazzo, quattro piani di scale senza ascensore: quante serate a
preparare risotti e ad affettare squisiti salami o formaggi procurati da
spacciatori di cibo vero incontrati in qualche viaggio, mentre gli
altoparlanti diffondevano musiche celestiali che spaziavano da Bach ad
Arvo Pärt. <
I libri, i libri che tappezzavano le sue pareti sono stati per me una
selezione fondamentale del sapere universale e del godimento della
letteratura e della poesia: se era nella biblioteca di Giovanni, vuol
dire che deve essere assolutamente letto, era la mia regola.
Ed è così che potevo scoprire un trattato di fisica tecnica o le
quartine persiane di Omar Khayyam, quel poeta e filosofo medievale che
amava e che da sempre gli mormorava che siam fatti di terra, argilla da
vasi, polvere del deserto, e tali ritorneremo. Ne aveva due copie, una
me la regalò subito.
Questa pragmatica consapevolezza della realtà era la sua cifra: un
ricercatore completo, che in virtù della sua formazione astrofisica sa
da dove veniamo – dall’esplosione delle supernove - e quanto poco
rimaniamo affacciati su questo antico universo. Poco, troppo poco, per
lui soltanto 64 anni, ma sufficienti a proporre innumerevoli
innovazioni, dalla tecnica di progressione in grotta, alla fisica degli
ambienti sotterranei, ma pure alla psicologia dei gruppi e alla
geografia dei sei continenti, che credo conoscesse tutti per esserci
stato almeno una volta, mai in viaggi banali, ma sempre con spedizioni
ricchissime di contenuti e di impegno.
Sapeva apprezzare la piccola escursione dietro casa (e sul ghiacciaio
Ciardoney un giorno mi calò in un pozzo glaciale profondo 40 metri, per
me esperienza unica, per lui poco più di una modesta esercitazione),
come la conquista dell’ignoto, su tutto l’esplorazione della grotta
calda messicana Naica: era facile allora che sul tavolo della cena ci
fossero anche termometri digitali, panetti di ghiaccio e vestiario
sperimentale per calcolare i minuti di sopravvivenza a oltre 50°C e
umidità elevatissima: da quegli esperimenti nacquero tute speciali che
permisero l’esplorazione della grotta bollente, sempre con il
fidatissimo team de
La Venta.
Telegrafico nelle telefonate, era un narratore amabile de visu, e un
abile scrittore e divulgatore. Il “Fondo di Piaggia Bella” (1999) è un
trattato di psicologia sotterranea, la discesa in solitaria fin quasi a
1000 metri di profondità.
Scriveva molto, per il suo ambiente speleologico ma pure per i settori
adiacenti della ricerca, ed è così che sempre è stato vicino alla
Società Meteorologica Italiana e a Nimbus, che ha ospitato diversi suoi
articoli, sempre pervasi da rigore scientifico unito a capacità di farsi
comprendere e di accattivarsi il lettore pur in mezzo alle equazioni,
che spiegava passo passo tenendoti con una corda e un moschettone, come
sa fare uno del soccorso alpino e speleologico al quale apparteneva.
Con lui si poteva parlare di tutto, recitava Dante a memoria e poi da lì
si poteva giungere, sempre con ragionamenti logici, alla microfisica di
fusione del ghiaccio. Un momento insieme era sempre un’esperienza di
vita, un viaggio nell’arte, nella poesia, nella musica, nella storia e
nella scienza, nella società. Sobrio e schivo a prima vista, conteneva
uno scrigno prezioso nella sua mente e un gran potenziale umano di
amicizia e onestà.
Originario di Savona, recentemente si era ristrutturato una stamberga
nel folto del bosco dell’entroterra ligure, un vero ritiro selvatico e
quasi irraggiungibile, dove ci si trovava ovviamente di fronte a un
trionfo di focacce e di prosciutti che paragonerei alla mensa dei Feaci,
a discettar di termodinamica e di clima.
Un tumore l’ha aggredito di sorpresa, ha lottato con eccezionale forza e
determinazione, sopravvivendogli tre anni: per tutti noi che gli eravamo
vicini è stato un colpo basso, e anche un’ulteriore accettazione della
nostra fragilità. Mi son detto: se ha beccato Giovanni, robustissimo nel
corpo e nella mente, allora può beccare tutti.
Vabè, non continuo oltre, perché so che a Giovanni dopo un po’ le
celebrazioni rompevano le scatole e, silenzioso e furtivo, da quelle
circostanze fuggiva, tuffandosi in qualche sua muta elucubrazione o su
una bella pasta e fagioli.
Leviamo alti i calici, e brindiamo a ciò che ha fatto per sé e per noi,
al pensiero profondo che ha condiviso, agli insegnamenti che ci ha dato,
alla semplice contemplazione di quanto di buono e intrigante ha
osservato sul pianeta Terra. Sapeva benissimo che – spento il suo
raffinato processore cerebrale – sarebbe stato avviato al riciclo sotto
forma di atomi, – quelli sì immortali – che si aggregheranno in altre
forme, e ne aveva pure calcolato la distribuzione statistica e la
probabilità di successivo incontro in un memorabile articolo che offre
serenità proprio in questi momenti. Ma rimane il suo software, in parte
codificato negli scritti, in parte nella memoria nostra, dei suoi amici,
dei suoi studenti.
L’esplorazione degli abissi continua, caro Giovanni! Tu sei uno dei
pochi che non ci guarderà da lassù, ma molto più probabilmente da
laggiù, dal fondo di qualche oscuro cunicolo che hai sempre avuto il
coraggio di osservare per quello che era, con meraviglia ma senza
illusioni.
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